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di don Michele Morandi, rettore
Cosa farsene oggi di un Seminario di circa 20mila metri quadri calpestabili, inaugurato nel ‘54, che ha chiuso il corso teologico nel 1970 e il minore nel 1990, in una diocesi romagnola di circa 145mila abitanti? I nostri seminaristi, pochi, vivono il tempo della loro formazione nel Seminario Regionale di Bologna. Vendere? Affittare? Rivalorizzare? Non tutte le strade sono sempre percorribili. A Faenza, seppur periodicamente tentati, si è deciso di non vendere questo edificio di indubbio valore per la nostra città. Ma non basta restaurare e far fruttare un edificio della Chiesa perché sopravviva, deve innanzitutto rimanere ‘di Chiesa’. Certo, in un’ottica di sostenibilità proporzionata e umile come richiedono i tempi e il Vangelo.
Il Seminario oggi è tante cose: propedeutica, biblioteca, scuola, luogo di lavoro e di arte
Il nostro Seminario aveva perso la sua connotazione tradizionale tanto che veniva chiamato “ex Seminario”. Potremmo dire che fosse diventato un luogo laico? Sì, e questo è stato un ottimo punto di partenza perché ciò che è iniziato da quel momento non era più ‘viziato’ da immagini clericali e collegiali, o annebbiato da una ‘cortina d’incenso’. Grazie soprattutto all’impulso dei giovani della Pastorale vocazionale, oggi il Seminario è tante cose. Propedeutica, fraternità, biblioteca, scuola, spazi esterni, luogo di lavoro e di preghiera, di musica e di arte sono gli elementi che compongono la vita quotidiana dell’immobile che non mira a diventare una cittadella indipendente e autonoma, ma che vede la sua ‘missione’ nell’offrire spazi che narrano, insieme alle persone, contenuti evangelici per la loro vita, soprattutto per coloro che sono incamminati alla ricerca di una stabilità e che ancora, ogni mattino, devono ‘spicchettare’ la propria tenda per rimettersi in cammino. Anche se complesso, è essenziale per restare vivi e coerenti con il Vangelo.