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4 novembre – San Carlo Borromeo, patrono del Seminario

In occasione del patrono del Seminario diocesano, San Carlo Borromeo, il Vescovo Mario Toso ha presieduto una celebrazione eucaristica. Di seguito il testo dell’omelia:

 

Cari fratelli e sorelle, cari presbiteri e propedeuti!

La festa di San Carlo Borromeo, il suo legame con la nascita e lo sviluppo anche di questo Seminario e, non ultima la Parola del Signore che oggi ci viene offerta, ci portano a condividere con voi qualche riflessione sulla pastorale vocazionale ed in particolare sulla vocazione al ministero ordinato.

Il Signore Gesù definisce sé stesso come Pastore: “io sono il buon Pastore” (Gv 10,11). La bontà del pastore consiste nel fatto che Egli, dà la vita per le pecore. Il dare la vita per le pecore, anche se è un chiaro richiamo alla sua morte in croce, non va interpretato in senso restrittivo, ma ampio. Gesù ha dato tutta la sua vita, in senso intensivo, ogni giorno, in ogni sua azione, in ogni sua parola: ogni secondo della vita del Signore è stato, e continua ad essere, “pasquale”. Nella cura di Gesù per noi, è inclusa sia la chiamata ad essere suoi discepoli sia la chiamata più specifica degli apostoli.

Quando pensiamo alla pastorale vocazionale dobbiamo avere ben presente nella mente e nel cuore questo presupposto: la pastorale delle vocazioni è frutto della cura di Cristo dell’umanità. Ponendo in atto la pastorale vocazionale, viviamo la sollecitudine di Dio per il mondo intero.

Stare accanto ai giovani, cercarli, ascoltarli con pazienza, discernere con loro le parole belle ed esigenti del Buon pastore rispetto a quelle dei mercenari, untuose e accattivanti; stare insieme, studiare, scrivere, non dormire per loro, far percepire che li si ama e ci si spende per il loro bene, per la cura della famiglia di Dio, per i battezzati, i ministri ordinati, le vocazioni di speciale consacrazione, non è forse una delle dedizioni più alte?

Colpisce il Concilio vaticano II quando al numero 11 di Presbiterorum Ordinis, a proposito della vita e del ministero dei preti, dice, con parole uniche per la loro forza: «I presbiteri, senza badare a fatiche o difficoltà, aiutino quanti considerano veramente idonei a un così elevato ministero siano essi giovani o adulti, affinché abbiano modo di prepararsi convenientemente e possano quindi essere eventualmente chiamati dai vescovi».

«Senza badare a fatiche e difficoltà»! Fermiamoci a riflettere su questo.

Quali sono le fatiche e le difficoltà nella pastorale vocazionale oggi?

  • Innanzitutto, un certo scoraggiamento, un mostrarsi rassegnati, come quando ci si trova di fronte ad un’impresa ardua, che non dà immediatamente esiti positivi. La Chiesa che alza le mani e si arrende avvilita, quasi rinunciando ad uno degli impegni più importanti per la sua vita e per il suo futuro, può comunicare un’immagine negativa di sé, non evangelica. Si può innestare un circolo di involuzione, senza che vi sia uno scatto di reni per frenare il decadimento vocazionale. Pur trovandoci di fronte ad una situazione che appare arida ed impermeabile, non possiamo essere rassegnati e disperare. Perché? Perché lo Spirito santo, che vive nel suo popolo, non smette di chiamare, di inviare operai! Dobbiamo, piuttosto, ripensare e riprogettare il percorso dell’accompagnamento spirituale dei ragazzi e dei giovani. Occorre, in certi momenti storici, essere dediti maggiormente al discernimento, osare di più sul piano della proposta vocazionale, lavorare di più in sintonia con il cuore di Gesù ed anche sognare ad occhi aperti. I frutti non mancheranno. Anche i deserti possono avere le loro primavere.
  • Come seconda difficoltà mi pare emerga l’idea impropria, ormai dominante, anche dove si parla di vocazione, e cioè che la pastorale delle vocazioni debba essere un’azione diffusa e generale, al punto da essere generica. Se è vero che l’annuncio in sé è vocante per tutti, è altrettanto vero che ogni persona ha una chiamata personale; e se è vero che tutta la Chiesa è chiamata a sentire la necessità di trasmettere la dimensione vocante della fede è vero anche che qualcuno in particolare, specie i ministri ordinati, in forza del sacramento dell’ordine, se ne debbono prendere cura, perché nella Chiesa venga garantita la successione apostolica. Dio parla a tutti, ma chiama ciascuno per nome, a un ministero diverso. Non possiamo fermarci sul fatto che Dio chiama tutti per dedurre che le vocazioni sono tutte uguali, come anche le pastorali vocazionali!
  • La terza difficoltà mi pare possa essere la testimonianza confusa ed incerta di una Chiesa che presenta non raramente ministri ordinati e comunità cristiane incolori, sbiaditi, piuttosto piegati verso prassi pastorali abitudinarie, senza la convinzione che ciò è insufficiente, e che occorre cambiare passo, innestando prassi più mirate, convergenti ed incisive. Detto altrimenti, le ormai poche risorse che si hanno dovremmo investirle con oculatezza, per costruire e alimentare belle esperienze di vita cristiana, comunità vive, nuovi cammini. Non è fruttuoso dal punto di vista vocazionale avere comunità, associazioni, aggregazioni che vivono in maniera mediocre e stanca, con poca convinzione, senza un’accurata pastorale vocazionale. È, invece, importante che ci siano comunità, associazioni vitali, vivaci, che vivono con entusiasmo la fede, la liturgia e la carità, la missionarietà, e che manifestano quel carattere attrattivo che ha la Chiesa stessa quando i suoi figli e le sue figlie testimoniano unità e armonia, gioia, nella costruzione del Regno e non solo nello stare insieme.
  • Infine, e penso che sia l’elemento più delicato e complesso, abbiamo bisogno di capire dove fare leva e breccia nel cuore dei giovani, come individuare il punto sensibile all’appello del Signore. Incontriamo e coinvolgiamo davvero non pochi giovani nelle nostre attività! Anch’io nella visita pastorale, che sto concludendo, ne ho incontrati, ma l’incidenza nella loro vita, da parte dello Spirito santo ed anche da parte nostra, appare piuttosto superficiale, poco profonda. Da una parte ci si rende conto che i giovani che si pongono oggi interrogativi profondi sono quelli ai quali cui la vita non ha fatto sconti: proprio loro si mostrano più sensibili anche ad una vocazione di speciale consacrazione e dobbiamo prendercene cura. Dall’altra parte, però, non dobbiamo fossilizzarci nel sostenere che una visione di fede e di vocazione sia solo per coloro che sono stati temprati dalle difficoltà, come se il Signore non avesse nulla da proporre a quelli che percorrono strade normali, senza particolari prove. Pensiamo, in particolare, al giovane ricco del Vangelo, al quale il Signore fa una proposta radicale, ma senza successo. Anche di questi giovani dobbiamo prenderci cura, sebbene non vi siano nella loro personalità aperture, attraverso le quali far pervenire un invito coinvolgente, in vista di un impegno cristiano, conforme all’essere di Nella predicazione e nella catechesi siamo chiamati a far comprendere che la vita può essere donata anche quando si ha tutto dal punto di vista umano. La pienezza di vita che ci porta Cristo è per tutti e supera ogni traguardo umano. Il Vangelo è provocante ed è promessa di una speranza più alta non solo per chi sperimenta prove e fragilità, ma è appello eloquente e beatificante anche per chi vive nella normalità, nella gioia e nel benessere umani.

 

Carissimi, oggi a San Carlo Borromeo, che vediamo spesso rappresentato in ginocchio, chino a guardare il Crocifisso, chiediamo di aiutarci ad essere realmente innamorati di Gesù Cristo. Senza questo amore, è difficile che la nostra azione pastorale possa essere ben orientata. San Carlo, spesso, citando sant’Agostino pregava davanti al volto di Gesù dicendo: “Domine, noverim te, noverim me!”, “Signore, possa io conoscere te e conoscere me”! Desiderava conoscere Dio e l’uomo alla luce di Dio, così come noi oggi abbiamo bisogno di conoscere i giovani alla luce di Dio. Possiamo e dobbiamo farlo sicuramente con lo studio, con l’ausilio delle scienze umane e teologiche, con l’esperienza, ma soprattutto con la Sapienza che ha la sua origine nella Croce di Cristo. Essa è, come scrive sempre San Carlo “totius Catechismi, breve compendium”. A San Carlo, che è stato grande riformatore e che con autorevole intuito è riuscito a trovare criteri di adattamento e di rinnovamento della vita della Chiesa rispetto ai segni dei tempi, chiediamo con fraterna fiducia di accompagnare i nostri passi in quanto sarà ed è necessario per annunciare oggi il Cristo Crocifisso e Risorto, che chiama a seguirlo.

 

+ Mario Toso